Ancora in trincea

“Ora, mi sento come se stessi aspettando qualcosa che so non arriverà mai,
perché adoro illudermi e sperare, ti senti più vivo mentre lo fai.”
Charles Bukowski

Non scrivo delle voci di questi giorni sul futuro del Calcio Catania per diversi motivi. Uno è che non ne so più di quanto ho letto sul quotidiano locale; un altro è che il modo migliore per facilitare il rapido evolversi di una trattativa è trattenere il fiato e sperare che vada in porto. Però c’è anche la necessità di prepararsi all’eventualità peggiore, che a mio avviso sarebbe di dover andare avanti navigando a vista, come si sta facendo adesso. Bisogna quindi guardare in faccia una realtà che parla di un patron con seri problemi giudiziari e finanziari e che con ogni probabilità avrà sempre meno libertà di azione nel prossimo futuro, visto che evitare la condanna per bancarotta fraudolenta per il caso Wind Jet sembra un’impresa impossibile, a meno che l’avvocato di O.J. Simpson non abbia una parcella alla portata delle tasche di Antonino Pulvirenti.

Pertanto è probabile che le prospettive siano quelle di un progetto di basso profilo che permetta di vivacchiare in terza serie fino ad esaurimento del capitale. Al dopo non voglio pensare ma non è difficile prevedere di dover seguire la strada già percorsa da molti club italiani, anche prestigiosi e titolati.
Dunque è bene entrare nell’ottica di idee di rimanere in trincea ancora per qualche tempo. Una posizione alquanto scomoda, soprattutto per chi ha una certa età, ha già combattuto tante battaglie negli ultimi trent’anni e sperava di aver raggiunto una situazione di relativo benessere calcistico.  Invece tutto è svanito nel breve volgere di tre stagioni.

Per trovare motivazioni e andare avanti non c’è che da prendere i pochi aspetti positivi di quanto avvenuto negli ultimi tempi. Per esempio abbiamo pagato per intero le nefandezze commesse dal nostro ex presidente, pur non avendone colpa. La sentenza Arbotti ha restituito una verità giudiziaria che almeno leva la macchia del disonore alla retrocessione, che sul campo non sarebbe avvenuta, non essendo andati a buon fine i tentativi di combine maldestramente architettati da Pulvirenti e dai suoi scagnozzi. Insomma, nessuno dovrebbe più rinfacciarci quanto avvenuto perché il nostro debito con la giustizia è saldato: una retrocessione, 9 punti di penalizzazione (+1) che hanno tolto ogni velleità di immediata risalita, e tutti gli effetti collaterali del ridimensionamento sono abbastanza, in rapporto almeno a quanto è riuscita a dimostrare la giustizia sportiva. Un altro aspetto da ricordare è che ci si può divertire anche in Serie C. Certo, lo spettacolo sul campo è inverecondo e per nulla paragonabile a quello che i campi di terza serie offrivano agli inizi del 2000, ma è pur sempre un palcoscenico in cui 22 giocatori divisi in due squadre si sfidano settimanalmente.

Resta il problema di dover sopportare un patron che si è dimostrato poco propenso a rispettare le più elementari norme di correttezza e che per di più non ha mai chiesto scusa per aver scaricato le colpe del proprio comportamento fraudolento sulla comunità rossazzurra, accusata di reiterare minacce quotidiane, nonché di essere responsabile in toto della tragedia del 2 febbraio 2007.
L’unica consolazione è che non siamo il solo club che è guidato da un delinquente imprenditore con problemi più o meno certificati di integrità morale, né in Italia né in Europa (una breve lista non esaustiva: George Becali, Enrico Preziosi, Valentim Loureiro). Prima o poi ci si dimenticherà di quanto ha fatto e il suo nome non verrà automaticamente associato alla peggior disavventura della nostra storia. Può bastare per chi è abituato a lottare contro i soprusi più assurdi? Dipende. A me non basta per tornare allo stadio, chi è più smaliziato e disilluso sa turarsi il naso e andare avanti comunque.

Tutti però adoriamo illuderci e sperare…

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