Perché Pelligra investe a Catania?

Perché Pelligra investe a Catania?

Il 24 giugno 2022 il Comune di Catania ha ufficialmente affidato al gruppo australiano Pelligra l’onere di rifondare il Calcio Catania.
Ma perché gli imprenditori continuano a puntare sul calcio? Perché un grande gruppo straniero decide di investire in una squadra italiana? E perché proprio su una squadra da rifondare?
Questo articolo tenta di dare risposta a ciascuna di queste domande.
Nella prima parte troverai la descrizione dei archetipi dell’investitore calcistico e delle relative strategie e motivazioni.
Nella seconda una carrellata delle principali attività della Pelligra Build Pty LTD nel mondo e un’analisi di come potrebbe operare a Catania.
Insomma, tutto quello che c’è da sapere prima di intraprendere quello che si spera sia un viaggio lungo, entusiasmante e proficuo per tutte le parti coinvolte, a cominciare dalla città.

Ultimo aggiornamento: 4 luglio 2022.

Indice

Quattro tipi di investitori

Per quanto si senta spesso ripetere che è difficile, se non impossibile, guadagnare con il calcio, ci sono svariati e validi motivi per investire in questo mondo e fra questi fare soldi può non essere l’unico o il principale.
Alla luce della storia economica del calcio degli ultimi tre decenni, esistono quattro profili di proprietari di club: 1) imprenditori locali; 2) imprenditori tifosi; 3) grandi società a scopo di lucro; 4) politici.
Ognuno di tali profili ha fini e motivazioni diverse per investire nel calcio.
Vediamo nel dettaglio quali sono.

Gli imprenditori locali

Nel primo gruppo rientrano gli imprenditori della stessa nazionalità del club di cui detengono le quote. Il proprietario e la società condividono quindi la stessa formazione culturale, anche se il patron non è necessariamente nativo della città che la squadra rappresenta. Si tratta del profilo di investitori che aveva la rappresentanza più alta nel massimo campionato italiano fino a qualche anno fa.
Per intenderci, la famiglia romana dei Gaucci, che ha guidato il Catania fra il 2000 e il 2004, ricade in questa categoria.

Gli imprenditori tifosi

La figura dell’imprenditore-tifoso riporta istantaneamente alla mente i fantastici anni ’80, quelli in cui la Serie A era il campionato più competitivo e spettacolare del pianeta.
Quella del mecenate, piccolo o grande che fosse, che investiva nella propria squadra del cuore era la figura dominante.
Nel caso del Calcio Catania è superfluo sottolineare come il principale esponente di questa categoria di proprietari è stato il Cavaliere Angelo Massimino.
Allargando lo sguardo a livello internazionale, rientrano in questa categoria anche le società gestite direttamente dai tifosi attraverso l’azionariato popolare. In Italia non esistono casi di questo tipo, che abbondano invece in Spagna, Germania e Inghilterra.

Le grandi società a scopo di lucro

Il terzo tipo di proprietà è quello dei ricchi gruppi internazionali o fondi di investimento. Società multi-milionarie il cui fine ultimo è sempre e comunque fare utili. Spesso esse non hanno alcun legame con il territorio del club (o dei club) che gestiscono.
Al giorno d’oggi gli esempi si sprecano in tutti i maggiori campionati europei. La regina in questo senso è la Premier League, ma anche la Serie A pur se in ritardo e per ragioni diverse, è entrata nel mirino di questi novelli Rockefeller.
Il Calcio Catania non ha mai conosciuto una ricchezza così spacciata e ad inaugurare un nuovo tenore di vita per il Club potrebbe essere proprio l’eroe del momento, il neo patron Ross Pelligra.

I politici

Le proprietà di stampo politico sono quelle che puntano sulle squadre di calcio per il loro potenziale appeal mediatico. L’investimento in questo caso restituisce un valore (non facilmente quantificabile economicamente) sotto forma di miglioramento del proprio personal brand, cioè della propria immagine personale.
Il prototipo di questo genere di investitore è Silvio Berlusconi, la cui gestione del Milan degli anni ’90 ha fruttato alla squadra una ricca collezione di trofei e al suo presidente l’immagine dell’imprenditore vincente, destinata a fare la differenza nella sua successiva carriera politica.
Il Catania ha vissuto un’imbarazzante parodia di questo percorso grazie, si fa per dire, alla discesa in campo di Angelo Attaguile, nel secondo periodo più buio della storia rossazzurra dopo quello dell’ultimo Pulvirenti (in cui volutamente inglobiamo la parentesi SIGI). Attaguile, che a differenza di Berlusconi era un politico e non un imprenditore, fu a capo del Club fra il 1987 e il 1992.

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Infografica: esistono 4 prototipi di investitori nel calcio

Alcuni buoni motivi per investire nel mondo del calcio

Chi ha tanti soldi deve per forza di cose investirli.
I quattro archetipi di proprietà calcistiche appena descritti rappresentano altrettanti modelli di business, ciascuno con la propria portata economica e con le proprie finalità.
Tutti devono fare i conti con una variabile aleatoria: i risultati sportivi. Perché l’investimento dia i suoi frutti (qualunque cosa questo voglia dire), la squadra deve conseguire buoni risultati sul campo. In caso contrario l’investimento sarà a perdere.
La buona notizia è che questo fa si che gli interessi della “proprietà legale” del club calcistico coincidono con quelli della “proprietà morale” dello stesso club, cioè i tifosi.
Nella stragrande maggioranza dei casi questo è più che sufficiente perché il matrimonio sia felice, al di là delle eventuali differenze culturali fra i due protagonisti del connubio.
Quale che sia il soggetto che investe, le motivazioni che lo portano a farlo possono essere molteplici, così come le proporzioni e la strategie di investimento.
Analizziamone alcune.

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Personal brand e scalabilità del business

Tralasciando l’ipotesi sentimentale che esistano imprenditori che agiscono solo per passione, ipotesi che peraltro non potrebbe essere dimostrata e che non influisce sulla nostra analisi, gli imprenditori locali entrano nel calcio quasi sempre perché ci vedono la possibilità di migliorare la propria reputazione.
Si fanno carico di un rischio che può essere anche notevole, per ottenere un vantaggio economico magari non diretto ma indiretto, che deriva cioè dai benefici che il calcio porta alle loro attività imprenditoriali.
Come nel caso delle proprietà di stampo politico, il calcio è visto come un veicolo eccezionale per far decollare il proprio personal brand e scalare il proprio modello di business da un contesto regionale a uno nazionale, o dalla dimensione nazionale a quella internazionale, a seconda del punto di partenza e della consistenza dell’investimento.

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3 obiettivi di chi investe nel calcio: personal brand, sport-washing, speculazione

Sport-washing e agevolazioni fiscali

Le proprietà calcistiche che fanno capo a grandi società a fini di lucro hanno una prospettiva ancora più ampia.
A volte l’ascesa dei loro brand è ostacolata da problemi politici, basti pensare alle polemiche per l’assegnazione dell’organizzazione dei mondiali di calcio 2022 al Qatar, Stato sotto accusa per il mancato rispetto dei diritti umani, come la vicina Arabia Saudita.
I tanti sceicchi arabi spesso investono nel calcio per usarlo come grimaldello capace di fare breccia nei muri ideologici che potrebbero rendere impopolare il loro marchio in realtà culturalmente distanti anni luce.
Niente di più facile per loro che guadagnare consenso popolare e politico “regalando” al popolo gioie sportive e al territorio investimenti corposi potenzialmente duraturi, come stadi e centri sportivi.
Questo modus operandi è definito sport-washing, traducibile in modo non letterale come la strategia che mira a ripulire attraverso lo sport l’immagine di una persona fisica, un’azienda o un’intera nazione.

Al vantaggio “politico” dell’investimento si aggiunge naturalmente anche quello economico.
Costruire o ristrutturare stadi e centri sportivi significa infatti anche trasformarli in luoghi in grado di fare utili anche nei giorni in cui non ospitano eventi sportivi. A fronte di un investimento iniziale non indifferente, tali asset, una volta attivi a pieno regime, riescono ad autosostenersi e a veicolare altri affari, mettendo le ali al marketing e incrementando il senso di appartenenza dei tifosi, che diventano così clienti sempre più fedeli e propensi a spendere.
Le proprietà globali ragionano e si muovono spesso in ottica multi-proprietà.
Creare una galassia di diversi club, dislocati in realtà economiche diverse, è una straordinaria opportunità di ridurre i costi e i rischi d’impresa.
Si tratta dell’applicazione su ampia scala del banale principio di buon senso tipico del piccolo investitore medio: diversificare il proprio portafoglio. Possedere uno o più club sudamericani e altrettanti club inglesi, per esempio, significa avere una propria filiera in cui coltivare la materia prima (i.e. i calciatori) a basso costo. Avere più vivai attivi aumenta le probabilità di crescere un numero ragionevole di giocatori in grado di arrivare alla prima squadra e di generare plus-valenze più o meno elevate.
In questo modo, oltre a minimizzare le spese di compravendita, ci si può spingere fino “auto-pagarsi” le commissioni sui trasferimenti mettendo in sicurezza il bilancio.
Anche sul piano puramente fiscale i vantaggi non mancano. Pur trattandosi di multinazionali, che pertanto devono confrontarsi con regolamentazioni che variano da paese a paese, è plausibile ipotizzare che anche un club minore in difficoltà economica possa tornare utile.
Se una squadra è in perdita, non ha profitti su cui pagare le tasse, mentre un’altra società che fa capo allo stesso gruppo potrebbe investire nella sponsorizzazione del club indebitato avendo un’uscita solo fittizia, che magari non fa altro che coprire il buco di bilancio della consorella minore riducendo il surplus di bilancio da tassare.
Questo stratagemma è attuabile in modo del tutto legale fra due squadre di calcio della stessa galassia che operano nella stessa nazione ma in categorie diverse.

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La Serie A può essere un affare

Concetti come il marketing applicato al calcio, investimenti sul territorio e sulle strutture, spettacolarizzazione dello sport sono arrivati tardi nel calcio italiano e sono stati implementati in modo superficiale con poco o nessun rispetto di una componente fondamentale quale è quella dei tifosi. Una clientela anomala che avrebbe avuto bisogno di essere approcciata in modo meno rigido, per usare un eufemismo.
La Serie A ha perso da tempo la propria supremazia in termini di competitività, giro di affari e forza sul mercato, ma proprio per questo oggi è appetibile per gli investitori esteri, tanto è vero che nel 2022 quasi la metà delle partecipanti sono in mano a investitori stranieri, la maggior parte americani (che per loro mentalità concepiscono lo sport come uno spettacolo televisivo).
Questo apparente paradosso, cioè che un prodotto scadente faccia gola a tanti, è presto spiegato.
I migliori club italiani hanno un marchio fortissimo grazie alla propria storia e alla propria tradizione. Quelli medi e piccoli hanno dietro città di dimensioni e tradizioni di tutto rispetto. Rappresentano insomma, in termini meno romantici, un grosso bacino di clienti pronti a spendere.
La difficoltà crescente per imprenditori locali di sostenere i costi necessari ad essere all’altezza della storia di molte di queste squadre (e delle aspettative dei tifosi) fa sì che il prezzo di club italiani sia sempre più basso.
Dunque l’affare potrebbe essere paragonato ad una speculazione immobiliare: si acquista (a poco) una casa da ristrutturare e la si rivende (a tanto) una volta messa a nuovo.
Poiché è ragionevole pensare che prima o poi i giganti della politica calcistica si faranno carico del rilancio della Serie A, investire oggi in un club italiano può essere un’operazione lungimirante.
In Inghilterra questo tipo di affare è tentato di frequente. Nel caso anglosassone l’accesso alla Premier League e ai suoi ricchi introiti garantisce che l’investimento in un club di categoria inferiore sia abbondantemente ripagato una volta centrato l’obiettivo di arrivare alla massima categoria.
Ma anche nel caso di risultati meno eclatanti, ad esempio un buon salto in avanti rispetto alle abitudini di una piccola realtà, può generale utili.
In un futuro non si sa quanto prossimo questo potrebbe valere anche per l’Italia. Ecco perché non deve sorprende più di tanto che anche piccole realtà in crisi da tempo, quali Pistoiese, Ancona, Nocerina, Como attirino investimenti dall’estero.

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Pelligra e Catania: rischi e opportunità

A questo punto dovrebbe essere facile unire i puntini e farsi un’idea del perché Ross Pelligra abbia scommesso sul Catania.
Ma inquadriamo ancor meglio l’affare nel suo contesto.

Gli affari della Pelligra Build PTY LTD

Il gruppo Pelligra è proprietario della società Pelligra Build PTY LTD.
L’abbreviazione PTY LTD sta per “Proprietary Limited” e indica il tipo di società. Si tratta dell’equivalente delle nostre Società a Responsabilità Limitata (S.R.L.).  Il termine “Proprietary” indica che si tratta di una società privata.
È il tipo di azienda di gran lunga più comune in Australia.
Questo tipo di società deve soddisfare i seguenti requisiti:

  • non più di 50 azionisti non dipendenti;
  • entrate annuali di 10 milioni di dollari o più;
  • patrimonio di 5 milioni di dollari o più;
  • 50 o più dipendenti.

Le LTD più grandi sono tenute a depositare rapporti sui propri conti annuali presso l’ASIC (Australian Securities and Investments Commission Act, l’organo governativo che si occupa, fra le altre cose, di collezionare le informazioni più rilevanti sulle aziende che operano nel paese), anche se quest’obbligo può essere aggirato con qualche stratagemma burocratico.
Se il patrimonio personale di Ross Pelligra è stimato intorno ai 50 milioni di dollari australiani, il giro d’affari del suo gruppo è di gran lunga superiore, si parla di oltre quattro miliardi di dollari australiani, cioè più di 2,6 miliardi di euro al cambio attuale (luglio 2022).
Al di là dei numeri, a rassicurare sulle capacità del gruppo ci sono i progetti intrapresi e realizzati nel corso degli anni e che hanno reso molto solida la reputazione di Pelligra, che a soli 44 anni è già a capo di un impero.
Per convincersene basta una breve carrellata degli affari intrapresi recentemente dal suo gruppo.
Uno dai risvolti significativi per la potenziale ricaduta sul territorio è quello partito nel maggio 2019 con l’acquisizione degli ex stabilimenti della Ford Australia a Broadmeadows (nel nord di Melbourne), e a Geelong (a ovest di Melbourne).
Un totale di 265.000 metri quadrati di immobili da convertire in aree in grado di ospitare aziende manifatturiere e tecnologiche.
Il piano prevede un investimento a lungo termine di 500 milioni di dollari nel prossimo decennio e la conseguente creazione di migliaia di posti di lavoro.
I nuovi poli industriali si chiameranno FORTEK Geelong e ASSEMBLY Broadmeadows.
Un’operazione del tutto simile è stata avviata da Pelligra nel 2017, quando ha rilevato un altro sito industriale, stavolta a Elizabeth South, sobborgo a nord di Adelaide, trasformandolo in un parco commerciale da 200 milioni di dollari: il Lionsgate Businnes Park.
Altro affare sostanzioso che ha proiettato Pelligra sulle prime pagine dei giornali specializzati è quello che riguarda le strutture alberghiere. Dal 2017 il gruppo Pelligra a acquistato sei hotel ad Adelaide, insieme all’altro gigante del settore, IHG, e ne possiede altri otto.
L’ultimo pezzo pregiato della collezione è arrivato nel maggio del 2022: è l’Holiday Inn & Suites Mawson Lakes, una struttura con 130 camere dal valore di 60 milioni di dollari.
Il gruppo Pelligra prevede di aprire entro il 2022 un nuovo Holiday Inn da 150 camere a Richmond, nel centro di Melbourne, l’ex Ramada Encore Hotel ristrutturato a Dandenong (acquistato da Pelligra nel 2021) e l’ex Rydges Hotel a Carlton, che sta per essere trasformato in un hotel Crowne Plaza.
Alla luce di questi investimenti, non sorprende che Ross Pelligra sia stato soprannominato “il Re dello sviluppo di Adelaide”.
Solo di recente il gruppo Pelligra ha cominciato ad investire anche nello sport.
Non è stata rivelata alcuna cifra ufficiale sull’affare Calcio Catania, mentre per la Pallacanestro Varese Pelligra sborserà due milioni l’anno per i prossimi cinque anni.
Al momento dell’acquisto della squadra di baseball dei Adelaide Giants (agosto 2021) è stato invece annunciato un investimento da 40 milioni di dollari sullo stadio.
Non è dato di conoscere i costi delle operazioni di acquisizione della squadra di calcio dell’Adelaide United (aprile del 2022), di quella di basket femminile dell’Adelide Lightning (maggio 2022), né di quella semi professionistica di hockey su ghiaccio, l’Adelaide Adrenaline (maggio 2022).

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Tre esempi di investimenti immobiliari della Pelligra Build PTY LTD: Fortek Geelong, Lionsgate e Holiday Inn & Suites Mawson Lakes.
Tre esempi di investimenti immobiliari della Pelligra Build PTY LTD: Fortek Geelong, Lionsgate e Holiday Inn & Suites Mawson Lakes.

Un sogno serio

La Pelligra Build PTY LTD rientra dunque a pieno titolo fra le ricche società a scopo di lucro che investono nello sport.
Per quanto la parola “lucro” abbia spesso un’accezione negativa, essa non può allarmare nell’ambito del mondo del calcio.
I più sensibili possono comunque trovare conforto nella storia familiare di Ross Pelligra, che ha un legame di sangue con Catania, dove è nata la madre.
Al di là della sincerità di un sentimento di affetto che non ci sogneremmo mai di mettere in dubbio, non bisogna essere così ingenui e romantici da credere tale sentimento possa essere il motivo trainante di un investimento milionario.
Ma niente paura: sarebbe allarmante il contrario, cioè se un imprenditore scegliesse come spendere i suoi soldi solo in base alle emozioni, atteggiamento che lo renderebbe sempre meno ricco.
Le radici siciliane di Pelligra sono comunque un’ottima carta per alimentare l’empatia fra l’imprenditore australiano e i tifosi rossazzurri.
Riguardo le possibili strategie future, occorre innanzitutto notare che l’unica (per adesso) altra squadra di calcio del gruppo, l’Adelaide United, milita in Australia, un universo totalmente diverso da quello italiano, quindi è prematuro immaginare sinergie intercontinentali nel medio periodo che possano fare evolvere il progetto in direzione di una logica di “multi proprietà”, anche se sulle pagine di qualche sito australiano tali sinergie sono già state prospettate.
Ben più immediata è la prospettiva di investimenti immobiliari strategici. Catania ha due asset immobiliari su cui si può lavorare, quali il centro sportivo di Torre del Grifo e lo stadio “Angelo Massimino”. Considerato che il core-businness di Pelligra è nel mondo immobiliare è chiaro che la congiuntura è perfetta.
Ma se Torre del Grifo potrebbe essere messo all’asta e quindi acquisito dal nuovo Catania in tempi relativamente brevi, diverso è il discorso per lo stadio.
Per anni abbiamo sentito dire che gli impianti situati nel centro cittadino sono scomodi e difficilmente sfruttabili, tuttavia oggi la tendenza sembra essersi invertita e sia l’amministrazione comunale che i nuovi arrivati ci hanno sorpreso descrivendo interessanti prospettive qualora si riuscisse a ammodernare sia l’impianto che il quartiere che lo circonda.
Qualunque sia la verità, c’è da tenere in conto che lo stadio è proprietà del Comune e non può essere acquisito facilmente. Al massimo si può sperare in un rapido accordo per una concessione della gestione alla società per diversi anni.
L’altra componente che potrebbe indurre Pelligra a perpetuare i suoi investimenti negli anni è l’ampio bacino di utenza di Catania e del suo hinterland. Un bacino di utenza potenzialmente internazionale visto il numero significativo di catanesi nostalgici emigrati in giro per il mondo.
Una clientela da fidelizzare e coccolare che potrebbe risultare una risorsa importantissima.

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Quello che potrebbe andare storto

Tutto bello sulla carta, ma per passare dalla teoria alla pratica bisognerà fare i conti con gli inevitabili rischi che un’operazione così ambiziosa comporta.
Sicuramente rischi in gran parte calcolati, ma pur sempre rischi.
Il primo deriva dal fatto che la Sicilia e l’Australia sono terre molto lontane non solo geograficamente.
La voglia di fare di Ross Pelligra potrebbe scontrarsi con una realtà difficile anche solo da concepire per un imprenditore di mentalità internazionale. Concessioni edilizie, convenzioni per la gestione degli impianti, accordi e sponsorizzazioni sono traguardi da conquistare dopo lunghe lotte quotidiane che spesso portano alla necessità di rivedere o ridimensionare i propri progetti.
Pensiamo alla vicenda di Rocco Commisso a Firenze, piazza dal carattere difficile come Catania.
Arrivato con la mentalità americana del fare, il patron della Viola ha dovuto fare i conti con una situazione politica e burocratica che pone ostacoli oggettivi alle possibilità di intervento di un’entità esterna come è pur sempre una proprietà straniera, anche se vogliosa di riqualificare il territorio.
Non è solo una questione di trovare la volontà politica di collaborazione, che al momento a Catania sembra esserci, ma che potrebbe svanire al primo rinnovo del governo cittadino o per il sopraggiungere di interessi più urgenti. Si tratta soprattutto di una questione di ordinamento, di norme che non si possono aggirare per quanto ricco sia l’interlocutore.
Poi c’è la delinquenza. La criminalità, sia la piccola che quella organizzata, è una cappa che opprime Catania impedendone la modernizzazione e uno sviluppo ragionevolmente rapido.
Sia la tifoseria rossazzurra, che il Club, che l’intera comunità catanese estranea al calcio hanno già fatto più volte le spese dell’ingombrante presenza sul territorio di personaggi allergici alla legalità che ha penalizzato la maggioranza dei cittadini per bene, appassionati rossazzurri o meno.
Gli investimenti nel territorio e nel vivaio prospettati da Pelligra, se realizzati, porterebbero l’immediato beneficio di togliere tanti ragazzi dalla strada, sottraendoli a certe tentazioni, e di promuovere valori oggi dimenticati. Rinvigorirebbero l’economia cittadina creando benessere e consapevolezza, tutte cose che a loro volta danno prospettive di benessere a chi altrimenti sarebbe predestinato a un futuro di miseria e tentazioni.
Ma anche novità non gradite a chi vive di affari illeciti.
Ultimo ma non ultimo ecco l’aspetto sportivo.
Il Calcio Catania 2022 partirà probabilmente dalla Serie D ma lo farà in ritardo rispetto alle concorrenti. Al momento non esiste nulla di simile ad una squadra di calcio che dovrebbe festeggiare una promozione fra i professionisti da qui a circa undici mesi. Il massimo campionato dilettantistico presenta insidie di tutti i generi, regolamentari e logistiche. Per massimizzare le probabilità di successo occorrerà affidarsi ad professionisti che conoscono a fondo la categoria. Questa è almeno l’idea del la vecchia gloria rossazzurra Guido Angelozzi, oggi direttore sportivo del Frosinone che recentemente ha affermato con grande onestà che, anche se non fosse già impegnato, non si sentirebbe di accettare il compito di allestire la rosa del nuovo Catania perché non ha esperienza nel dilettantismo.
Non è detto che la forza bruta (cioè un budget spropositato per la categoria) possa garantire un immediato successo.

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Progetto Pelligra a Catania: risorse Vs ostacoli

Conclusioni

Alla luce di quanto discusso fin qui possiamo trarre alcune conclusioni.
La prima, e forse la più importante, è che l’investimento di Ross Pelligra sul Calcio Catania non ha nulla di anomalo o sospetto.
Si tratta infatti di un tipo di operazione già vista in altre piazze. Può stupire, ma fino a un certo punto, solo che l’imprenditore australiano abbia puntato su una squadra che ancora nemmeno esiste.
Inoltre il Gruppo Pelligra appare solido e la sua storia racconta di numerosi successi imprenditoriali, sebbene (per adesso) al di fuori dell’ambito sportivo.
Le possibilità di successo del progetto di rilancio del calcio a Catania dipendono dagli stessi fattori che determinano il successo o fallimento di qualunque progetto calcistico: l’ammontare del budget investito, la capacità del patron di scegliere collaboratori in grado di trasformare l’investimento in risultati, sia sportivi che economici, e il modo in cui lo stesso patron reagirà agli imprevisti che inevitabilmente incontrerà lungo la propria strada.
Quest’ultimo è forse l’aspetto cruciale. Terrà duro fino ad arrivare all’obiettivo che si è prefissato anche se questo dovesse significare impiegare più risorse e tempo di quanto preventivato, o si arrenderà se a scalata alle categorie superiori del calcio italiano dovesse rivelarsi più lenta e ardua di quanto immaginasse?
Lo scopriremo strada facendo, sperando in un viaggio avvincente che porti ad una destinazione all’altezza delle aspettative.

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Fonti

Bibliografia

Sitografia

Altre letture consigliate

Credits

La immagini a corredo di questo articolo sono opera di BAnt.

Si ringraziano il sociologo Pippo Russo e Vincenzo La Corte per la consulenza e le squadre di “Tutto il Catania minuto per minuto” e del “Comitato pro Géza Kertész” per l’aiuto in fase di revisione.

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